Onorevoli Colleghi! - La coltivazione della frutta in guscio, con le sue specie più importanti, nocciola, mandorla, noce, pistacchio, carruba e castagna, è stata praticata fin dalle antiche origini dell'agricoltura in Italia e in tutto il Mediterraneo. La connessione storica tra le vicende della coltivazione delle specie di frutta in guscio e l'economia agricola di molti aree rurali italiane ed europee è molto stretta e la documentazione storico-sociologica al riguardo è notevole. La diffusione di queste specie agrarie, soprattutto la nocciola, il mandorlo e la noce che hanno origini asiatiche, è avvenuta grazie ai fenici e ai greci, che ne hanno diffuso la coltivazione e l'utilizzo in tutto il bacino del Mediterraneo.
Storicamente, la coltivazione della frutta in guscio ha rappresentato per molte comunità rurali una fonte di reddito e di sostentamento unica. La civiltà del castagno, con la valorizzazione del suo frutto, ma anche della paleria, dell'opportunità di pascolo e dell'utilizzo dei frutti del sottobosco, che nei secoli scorsi hanno caratterizzato le economie di molti comprensori rurali appenninici, ne è la prova lampante e documentale.
La crisi dell'economia agricola che ha caratterizzato l'Europa nel secondo dopoguerra e il progressivo abbandono delle aree rurali marginali, dove venivano coltivate queste specie, caratterizzate da un'estrema adattabilità e rusticità dal punto di vista agronomico, hanno generato
1. I dati strutturali ed economico-contabili comparati (Istituto nazionale di economia agraria).
La banca dati della rete di informazione contabile agricola (RICA) - Italia dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA) contiene dati strutturali ed economico-contabili comparati per un periodo di dodici anni che riguardano un campione di circa 16.000 aziende agricole professionali. Per quanto concerne il comparto di analisi, i dati elaborati rappresentano un utile strumento di riflessione; tuttavia, non essendo pienamente rappresentativi della realtà produttiva della frutta in guscio, le cautele del caso sono necessarie nel generalizzare le conclusioni.
Nocciolo.
Secondo i dati RICA, la coltivazione del nocciolo si svolge in collina a un'altitudine media di circa 340 metri sopra il livello del mare, sfiorando i 300 metri al centro Italia e i 400 al sud. Considerando complessivamente i dodici anni di osservazione, circa il 95 per cento delle aziende del campione risulta ubicato in tre regioni a forte tradizione corilicola: Piemonte, Lazio e Campania. Decisamente ridotta, invece, risulta la presenza di aziende siciliane, che sono il 18,4 per cento delle aziende italiane che coltivano nocciolo. La superficie media aziendale destinata al nocciolo oscilla tra i 2,2 ettari del 1996 e i 4,8 ettari del 2001, superando in tutti i casi la media nazionale registrata nel corso dell'ultimo censimento dell'agricoltura, pari a 0,91 ettari. La superficie coltivata a nocciolo rappresenta circa la metà della superficie coltivata aziendale, indicando una discreta specializzazione colturale. Nella restante porzione del campione, le aziende coltivano nocciolo per lo più in associazione con vite e con altre specie da frutto, mentre risulta limitato il numero di aziende in cui il nocciolo è presente in ordinamenti misti.
I risulti economici delle aziende del campione RICA indicano che tra il 1991 e il 2000 la produzione lorda (PL) generata dal nocciolo è debolmente aumentata, seppure con andamento non costante, alternando anni di crescita ad anni di recessione.
Andando ad analizzare le componenti della PL si evince che tale risultato è da ascrivere perlopiù all'andamento dei prezzi unitari, che manifestano un marcato carattere oscillatorio e la cui tendenza di fondo controbilancia la contrazione delle quantità vendute. Quest'ultimo dato è attribuibile in prima battuta al ricorso a tecniche di produzione a ridotto impatto ambientale, stimolate dal regolamento (CEE) n. 2078/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, e poi dal vigente regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005: il minor impiego di fertilizzanti, diserbanti e antiparassitari di sintesi si accompagna infatti spesso a una riduzione delle rese. Oltre alla tendenza di fondo, le quantità vendute per ettaro manifestano anche il caratteristico andamento alternante su base annuale che contraddistingue fisiologicamente la specie.
In sintesi, i dati RICA confermano la sensibilità dei sistemi corilicoli italiani agli andamenti del commercio internazionale: dal lato del valore della produzione, infatti, emerge una forte connotazione d'instabilità legata principalmente alle forti oscillazioni sui mercati mondiali del prezzo delle nocciole. Sul fronte dei costi specifici, alla contrazione delle spese per i mezzi tecnici fa riscontro invece un sensibile
Mandorlo e noce.
Si manifesta per entrambe le specie una marcata volatilità dei prezzi, una forte oscillazione delle rese ad ettaro e una discreta variabilità delle spese specifiche.
Per quanto riguarda le aziende con mandorlo, si registra la preponderanza di unità non specializzate nella produzione della frutta in guscio: la percentuale delle aziende specializzate infatti è pari solo al 3 per cento sul totale delle aziende con mandorlo per tutti i dodici anni di osservazione, contro il 52,5 per cento delle aziende con nocciolo. Nell'intero arco temporale di osservazione, il mandorlo è presente solo nelle aziende ubicate nelle regioni meridionali, prevalentemente in Sicilia e in Puglia, seguite a distanza da Calabria e Sardegna, riflettendo pertanto pienamente la distribuzione regionale dell'universo nazionale così come descritto dal 5o censimento dell'agricoltura. La superficie media aziendale destinata alla coltivazione del mandorlo oscilla fra 1,7 ettari nel biennio 1991-1992 e 3,2 ettari nel 2000, dati ben superiori alla media nazionale (0,80 ettari) calcolata sui dati censuari del 2000.
Nel caso del noce, la quota complessiva di aziende specializzate in frutta in guscio è pari al 14 per cento; le restanti aziende coltivano il noce prevalentemente in combinazione con altra frutta (31,7 per cento) e con seminativi (11 per cento). Per quanto riguarda l'ubicazione geografica, le aziende RICA che coltivano noce sono concentrate prevalentemente in Campania (42 per cento) e in Abruzzo (24 per cento).
Castagno.
Con il 5o censimento dell'agricoltura (anno 2000) il castagno da frutto è stato inserito fra le coltivazioni della frutta in guscio con una voce dedicata, mentre in precedenza esso era ricompreso nella voce «castagno» fra le coltivazioni forestali.
Le aziende RICA con castagno registrano un buon grado di specializzazione: la quota di aziende specializzate nella frutta in guscio è, infatti, pari al 34,2 per cento, mentre il 10,5 per cento delle aziende coltiva castagno da frutto in combinazione con altra frutta. Le aziende sono ubicate per lo più al sud (Campania 24 per cento, Calabria 17 per cento), seguito dal centro (Toscana 19,8 per cento, Lazio 12,4 per cento) e dal nord (Piemonte 10,3 per cento). Anche per il castagno emergono consistenti fluttuazioni annuali degli indicatori economici, in parte causati dalle oscillazioni delle rese ad ettaro e in parte attribuibili dall'andamento altalenante dei prezzi. Rispetto a nocciolo, mandorlo e noce si nota la minore entità delle spese specifiche ad ettaro, dato che conferma la tradizionale «parsimonia» colturale del castagno. Fra le voci di spesa, infatti, risultano molto contenute quelle per diserbanti e per antiparassitari, mentre assumono maggiore rilievo le spese per i noleggi passivi (spesso i castagneti giacciono su terreni fortemente acclivi che richiedono macchine specializzate) e le altre spese specifiche, quali quelle legate alla cosiddetta «cura» delle castagne, operazione necessaria per la conservazione del prodotto.
2. L'azione pubblica a favore del comparto.
Il comparto della frutta in guscio è stato inquadrato dalla Commissione europea all'interno dell'Organizzazione comune di mercato (OCM) ortofrutta già agli inizi degli anni settanta, nell'ambito del regolamento (CEE) n. 1035/72 del Consiglio, del 18 maggio 1972 (successivamente abrogato). In quegli anni non esistevano particolari problemi di commercializzazione per questo settore, in cui l'Italia rappresentava il principale Paese produttore soprattutto di nocciole, mandorle e noci, in controtendenza rispetto al resto
2.1 Il sostegno comunitario.
In seguito al negoziato per l'adesione di Spagna e Portogallo alla Comunità europea e al fine di assecondare le specifiche problematiche di questi due Paesi che, insieme all'Italia, rappresentavano gli unici produttori di frutta in guscio, fu avviato dalla Commissione europea uno studio sulla riforma dell'OCM ortofrutta sia per le specifiche esigenze di questo comparto sia per il comparto degli agrumi. Con la modifica del citato regolamento (CEE) n. 1035/72, nel 1989, furono introdotte misure specifiche per sostenere il comparto della frutta in guscio.
Il comparto alimentava un discreto flusso di esportazioni e rappresentava uno dei pochi comparti deficitari nella Comunità. Di conseguenza, nell'ambito di un più generale piano di riqualificazione e di riconversione produttive, la frutta in guscio poteva giocare un ruolo significativo, visto che si tratta di colture in aree marginali e che risponde ad esigenze ambientali e pedoclimatiche.
Il settore era condizionato da una forte presenza di commercianti-sgusciatori e da un'inadeguatezza dei produttori a concentrare l'offerta e a garantire un livello minimo di servizi al prodotto (essiccazione, selezione, sgusciatura eccetera).
Un altro aspetto, di grande valenza innovativa, è stata l'introduzione del principio del cofinanziamento del piano di miglioramento. Le istituzioni pubbliche, infatti, finanziavano il 55 per cento del valore complessivo del piano finanziario stabilito (45 per cento Comunità europea, 10 per cento Stato membro); il rimanente 45 per cento veniva versato direttamente dai soci che partecipano all'iniziativa, che non era obbligatoria per tutti i soci.
Per consentire alle associazioni che producevano o commercializzavano frutta in guscio di concentrare l'offerta, di scaglionare l'immissione del prodotto sul mercato, grazie, soprattutto, ad adeguate strutture di magazzinaggio, nonché di valorizzare la qualità dei prodotti, era favorita la costituzione di capitali di esercizio attraverso un contributo comunitario e nazionale stabilito in riferimento al valore della produzione commercializzata nel corso di una data campagna. Questo avveniva subordinatamente alla presentazione di un piano di miglioramento della qualità e della commercializzazione, nonché all'approvazione di tale piano da parte degli Stati membri interessati.
Lo scopo primario del piano doveva essere il miglioramento genetico e colturale dei prodotti ottenuti in piantagioni omogenee e non disperse tra altre colture, con un areale minimo di 0,20 ettari per unità aziendale.
L'aiuto per l'esecuzione del piano di miglioramento aveva carattere transitorio e decrescente nel tempo, allo scopo di giungere progressivamente ad ampliare la responsabilità dei produttori interessati.
L'aiuto specifico garantito per i piani di miglioramento era stato previsto per un periodo massimo di dieci anni, per permettere il trasferimento graduale della responsabilità finanziaria verso i produttori.
2.2 L'aiuto nazionale per il comparto corilicolo.
Nei primi anni novanta l'Italia, con fondi nazionali, aveva investito 16 miliardi
2.3 I risultati del regolamento (CEE) n. 789/89 del Consiglio, del 20 marzo 1989.
La Corte dei conti europea evidenziava, già nel 1994, i risultati poco incoraggianti delle politiche di sostegno al comparto della frutta in guscio: circa il 95,5 per cento degli aiuti era stato destinato alla Spagna, mentre per gli altri Paesi produttori, tra cui l'Italia, i ritardi nella costituzione delle associazioni dei produttori e nell'approvazione dei piani di miglioramento avevano annullato i risultati attesi.
La politica comunitaria per il comparto della frutta in guscio, infatti, è partita in Italia con notevole ritardo. Le prime associazioni sono state riconosciute nel 1994, e ad oggi risultano riconosciute solo sei associazioni con 16.349 ettari di nocciole associate, rispetto alle settantadue associazioni e ai 456.000 ettari di mandorle e nocciole spagnoli.
La produzione comunitaria appare vulnerabile di fronte alle importazioni di mandorle dagli USA e di nocciole dalla Turchia. D'altra parte, la produzione di nocciole ha avuto nell'ultimo quinquennio, fino al 2001, un periodo di relativa stabilità dei prezzi.
Per le mandorle la situazione è stata aggravata dagli aumentati livelli di produzione e di commercializzazione degli USA.
2.4 La riforma del 1996.
La riforma dell'OCM ortofrutta, introdotta con il regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio, del 28 ottobre 1996, presenta significativi elementi di novità che la caratterizzano e la differenziano dalle altre OCM.
La riforma dell'OCM disciplina a parte il comparto della frutta in guscio, con azioni miranti a incentivarne e a migliorarne il consumo e l'impiego, che l'Unione europea cofinanzia al 50 per cento.
Questa norma è stata introdotta per compensare, almeno parzialmente, le organizzazioni dei produttori (OP) di frutta in guscio italiane che, come è stato dimostrato dai dati sulla spesa comunitaria per il settore, non avevano beneficiato dei fondi destinati dall'Unione europea al comparto, che sono andati quasi esclusivamente a Spagna e Francia.
2.5 Il Nuovo regime di aiuti del 2003.
Nel corso del 2003 la Commissione europea ha proposto una revisione dell'impianto normativo previsto per il comparto. La normativa del 1989 aveva una durata decennale e terminava nel 2000.
Il nuovo regime di aiuti sostiene i produttori comunitari di nocciole, mandorle noci, pistacchi e carrube con lo scopo di evitare l'abbandono della coltivazione della frutta in guscio nelle zone tradizionalmente vocate e, quindi, di limitare gli effetti negativi sul piano ambientale, rurale, sociale ed economico conseguenti alla perdita di competitività del comparto, che da molti anni soffre dell'agguerrita concorrenza di Paesi terzi.
Quindi, questo tipo di sostegno si aggiunge a quelli previsti dall'OCM ortofrutta attraverso il finanziamento dei programmi operativi.
La Commissione europea puntava a una riforma del sostegno che permettesse di «classificare» questo tipo di aiuto tra quelli che non provocano distorsione del mercato, e quindi compatibili con le trattative del WTO, e che sostenesse le produzioni della frutta in guscio, che generalmente insistono su comprensori fragili dal punto di vista idrogeologico e socio-economico.
Ricordiamo che il nuovo regime di aiuto per le nocciole, le mandorle, le noci e i pistacchi prevede la concessione da parte del bilancio dell'Unione europea di un contributo forfetario ad ettaro, con una superficie massima garantita di 800.000 ettari, suddivisa tra gli Stati membri. All'Italia è stata assegnata una superficie massima garantita di 130.100 ettari. Gli